Dr. Faustroll (Vincenzo Accame)

Dr. Faustroll (Vincenzo Accame)
Illustrazione del dr. Faustroll, ©Steve Morris, 2009
Vari estratti da: Alfred Jarry, Vincenzo Accame, Il Castoro (mensile diretto da Franco Mollia), La Nuova Italia, n.88, aprile 1974 (… a proposito di Gestes et opinions du docteur Faustroll, pataphysicien)
Illustrazione del dr. Faustroll, ©Steve Morris, 2009

Illustrazione del dr. Faustroll, ©Steve Morris, 2009

64.  Tra l’altro, questo «roman néo-scientifique» ha uno strano destino. Nella primavera del 1898 è già ultimato e «ricopiato», secondo quanto è detto in una lettera dello stesso Jarry ad Alfred Vallette. Tuttavia soltanto tre capitoli, il VI, il X e il XXV, appaiono, nel maggio dello stesso anno, sul Mercure de France. Poi il manoscritto (in realtà ne esistono due, ma le differenze sono minime) ritorna nel cassetto, e vi giace fino al 1911! E finalmente, a quattro anni dalla morte dell’autore, a cura di Saltas (già collaboratore di Jarry nella traduzione dal greco moderno del romanzo medievale La papesse Jeanne di Emmanuel Roides) e Danville, e sotto la sigla dell’editore Fasquelle, che aveva rilevato le edizioni della Revue Blanche, appare un Gestes et opinions du docteur Faustroll, pataphysicien, suivi de Spéculations, prima edizione completa, con l’aggiunta di altri testi jarryani che con Faustroll non hanno nulla a che fare; sotto il titolo di Spéculations è raccolta infatti una serie di articoli di vario argomento apparsi tra il 1901 e il 1903 su La Revue Blanche e Le Canard sauvage.

È evidente che la stessa struttura, le difformità, le difficoltà di lettura proprio in chiave di «romanzo» debbano aver indotto Jarry a qualche riflessione. Non si trattava di un libro di facile collocazione editoriale (il Mercure de France con le opere di Jarry non aveva certo fatto affari!), e non era libro da offrire in pasto al pubblico con troppa leggerezza; tanto piú che in quel periodo Jarry non era certo a corto di argomenti: altri manoscritti erano nel cassetto, altri ancora in lavorazione. Le esigenze economiche si facevano sentire, e ormai pesavano decisamente sulla produzione stessa, non sempre cosí «libera» come in precedenza. Nel luglio dell’anno precedente era uscito Les Jours et les Nuits, romanzo apparentemente assai piú lineare, piú «leggibile», qualora troppo non si voglia indagare tra i soliti tortuosi meandri delle implicazioni biografiche e filosofiche. Sul tavolo c’è anche un L’amour en visites, quasi ultimato, che almeno secondo certa prospettiva riveste addirittura carattere pornografico! Nella vita di Jarry, in questi anni, si incontrano sempre piú di frequente la bicicletta, la pesca alla lenza, la scherma, i colpi di pistola, l’alcool, la solitudine, i paradisi artificiali, i debiti: il contorno biografico di tutta la seconda parte della sua opera.

65.  Faustroll, il cui nome nasce dal connubio tra quello dell’eroe goethian e quello delle piccole creature demoniache della tradizione nordica, i troll (che verosimilmente Jarry conobbe attraverso Ibsen), ha con Ubu una pur minima parentela, tramite la patafisica. Ubu si definiva patafisico, ma non senza qualche abuso; Faustroll è invece l’essenza della patafisica. In «Guignol» c’è sulla bocca di Ubu una perentoria battuta: «La patafisica è una scienza che noi abbiamo inventato, e di cui si faceva generalmente sentire il bisogno». Ma tutto ciò che di patafisico appare in Ubu non è che semplice «anticipazione», e sempre a livello banale, epidermico. Piú concreto è invece l’atteggiamento patafisico che emerge da molte pagine di Les minutes de sable mémoria1, nel cui retrofrontespizio era tra l’altro annunciato come «in preparazione» un Eléments de pataphysique, mai portato a termine e quindi utilizzato piú tardi per Gestes et opinions du docteur Faustroll. Piú che tra Ubu e Faustroll le anologie sono da individuare tra Faustroll e lo stesso Jarry; un Jarry patafisico è in sostanza assai piú attendibile di un Jarry ubuesco. Ma è sempre una questione di «piani di lettura».

Qui, comunque, in Gestes et opinions du docteur Faustroll, pataphysicien, la patafisica trova la sua codificazione in termini di scienza, e come tale categoricamente viene definita, con l’esattezza che le compete.

Secondo «l’etimologia» greca, «al fine di evitare facili calembours», l’ortografia esatta, dice Jarry, dovrebbe essere ’pataphysique, con un apostrofo davanti. (è una indicazione cui si atterrà scrupolosamente il Collège de ’Pataphysique, una associazione nata a Parigi nel 1948 per rispolverare e divulgare l’opera jarryana). La definizione ci giunge subito all’inizio del secondo libro, che appunto si intitola «éléments de pataphysique». La patafisica «est la science de ce qui se surajute à la métaphysique, soit en elle-même, soit hors d’elle-même, s’étendant aussi loin au-delà de celle-ci que celle-ci au-delà de la physique… Elle étudiera les lois qui régissent les exceptions et expliquera l’univers supplémentaire à celui-ci…» (è la scienza di ciò che si aggiunge alla metafisica, sia in essa, sia fuori di essa estendendosi cosí lontano al di là di questa quanto questa al di là della fisica… Studierà le leggi che regolano le eccezioni e spiegherà l’universo supplementare a questo…). E infine, ancora piú categoricamente: «DÉFINITION: La pataphysique est la science des solutions imaginaires, qui accorde symboliquement aux linéaments les propriétés des objets déscrits par leur virtualité» (DEFINIZIONE: La patafisica è la scienza delle soluzioni immaginarie, che accorda simbolicamente ai lineamenti le proprietà degli oggetti descritti per mezzo della loro virtualità).

In certo senso possiamo dire che la patafisica è l’essenza pura dello spirito di Jarry, che qui assume il suo aspetto «logico».

Anche Gestes et opinions du docteur Faustroll rivela una struttura polisemica. I diversi piani di lettura appaiono subito evidenti. La forma ufficiale è quella del romanzo; la suddivisione è in libri e capitoli; c’è anche una certa progressione «narrativa», che in qualche modo prevede una «trama», una «storia». C’è un viaggio, abbastanza «reale», che tuttavia prevede una proiezione simbolica immediata: il viaggio ha una dimensione spirituale, si sviluppa verso l’assoluto, l’eternità. Una «commedia» né divina né umana, ma pur sempre una «commedia» nell’accezione assunta da Dante in poi.

67.  Jarry possiede una cultura religiosa funambolica: se ne è già parlato soprattutto a proposito di César-Antechrist, e se ne parlerà ancora a proposito di L’Amour absolu, sorta di «infanzia di Cristo» calata nell’infanzia bretone propria; ma accanto ai misteri cristiani ha coltivato con altrettanta curiosità la mitologia, l’astrologia, le scienze occulte, la magia… A metà alchimista (Faust) e a metà creatura demoniaca (troll), Faustroll è ancora una incarnazione di Jarry, di un Jarry tutto teso in una ricerca che non ha precisa collocazione. Non a caso il «viaggio» ha termine con un capitolo intitolato «De la surface de Dieu», in cui la «superficie di Dio» viene calcolata secondo procedimenti che hanno tutto l’apparenza della scientificità, della matematicità. Formule, equazioni, definizioni, che si concludono in un «Dieu est le point tangent de zéro et de l’infini» (Dio è il punto di tangenza tra zero e l’infinito), assolutamente consequenziale e perfettamente coerente con tutta la logica patafisica.

Vediamo comunque in che consiste l’azione di questo «romanzo» e quali ne possono essere, singolarmente, le chiavi di lettura. Le prime pagine sono costituite dal testo di una notifica giudiziaria di sequestro, con tanto di bollo e firme, presentata dall’usciere Panmuphle nei confronti del dottor Faustroll. Va notato che le ingiunzioni giudiziarie non mancarono nella vita di Jarry: si tratta dunque della proiezione di alcune vicende personali, viste nella consueta deformazione ottica dell’ironia; ricordiamo, ad esempio, una lunga causa, protrattasi per anni, con un sarto di Laval per un abito mai ritirato e mai pagato (perché ritenuto mal fatto), e le ancor più lunghe vertenze finanziarie con certo signor Trochon, cui Jarry aveva ordinato una lussuosissima e costosissima bicicletta da corsa; anche più tardi, a proposito del «tripode», una curiosissima costruzione fatta eseguire nei pressi di una residenza dei Vallette ma scarsamente abitata, si sarebbero verificate contestazioni finanziario-giudiziarie, risolte solo con l’intervento della sorella.

68.  Il censimento dei beni da porre sotto sigillo, offre tra l’altro l’occasione di presentare un elenco di ventisette volumi, i cosiddetti «libri pari» del dottore, che non sono semplicemente una indicazione di gusto. Nella lista è compreso anche Ubu roi, senza indicazione di autore, e quindi attribuibile allo stesso «proprietario»cioè Faustroll, con una identificazione che non sembra casuale.

Fin dalla sua prima presentazione, nel secondo capitoletto, subito dopo l’ingiunzione di Panmuphle, Faustroll appare fin troppo vistosamente collocato in un territorio paraumano. Si dice infatti, esplicitamente, che è nato in Circassia (terra sufficientemente lontana, almeno quanto la «Polonia» di Ubu roi), nel 1898 (anno «-2» del secolo XX) all’età di sessantatré anni, età conservata per tutta la vita. Le sue misure fisiche sono espresse in atomi. In termini di fantafisica, se non proprio di fantascienza, è poi descritto il «veicolo» su cui viene compiuto il viaggio, 1’«as», creazione ovviamente di Faustroll Alla base di questa singolare «imbarcazione» c’è un’operina teorica sulla capillarità, pubblicata nel 1892 da Charles Vernon Boys, che fornirebbe alcuni « principi » su cui si fonda la costruzione. La forma dell’«as» è quella di una barca, presumibilmente molto panciuta, lunga dodici metri; la struttura è tuttavia quella di un vaglio («crible») o qualcosa del genere. È costituita da tre rivestimenti a maglie, ma le maglie di ciascuno hanno larghezza differente; il rivestimento centrale è paraffinato, e proprio per certe «proprietà» dei vasi capillari (!) lascerebbe passare l’aria ma non l’acqua. Anzi, il liquido può passare dall’interno all’esterno (da notare la comodità per orinare), ma non il contrario. I buchi «vuoti» lasciati dalla paraffina – «qui n’est jamais touché par l’eau» (che non è mai toccata dall’acqua) – sono, nello strato intermedio di questa grande tela di ragno, ben quindici milioni e quattrocentomila. I particolari «tecnici» sulle strutture dell’«as» non mancano, ma la conclusione di Faustroll è perentoria: «Sono tanto piú sicuro della perfezione dei miei calcoli e della sua insommergibilità che, secondo le mie abitudini, noi non navigheremo affatto sull’acqua, ma sulla terra ferma». E questo nonostante che il Libro III porti come titolo «Da Parigi a Parigi per mare… », e che i luoghi visitati vengono comunemente indicati come «isole».

69.  Secondo una particolare proiezione «trinitaria», 1’«as» (asso) è destinato a portare tre persone; «… si chiama as, senza dubbio perché è costruito per portare tre persone», troviamo infatti nel quarto capitolo del

Bosse de Nage, André Stas, 2007

Bosse de Nage, André Stas, 2007

Libro I. Per cui al viaggio partecipano anche, oltre a Faustroll, lo stesso usciere Panmuphle, eletto a cronista delle gesta del dottore, e un terzo personaggio, se non proprio «persona»: il babuino Bosse-de Nage («nage» deve intendersi nell’arcaico significato di natica), «un singe papion, moins cyno – qu’hydrocéphale, et moins intelligent, pour cette tare, que ses pareilles» (una scimmia babuino, meno cinocefalo che idrocefalo, e meno intelligente, per questa tara, dei suoi simili). Bosse-de-Nage ha comunque una dote singolare: quella di non saper pronunciare (in francese, è specificato) altra parola che «’ha ’ha». I suoi interventi nel discorso sono per altro frequenti, ma l’arresto a questo breve fonema, inevitabile, viene sempre configurato, di volta in volta, come accidentale, e carico di particolari motivazioni che ne varierebbero il significato. Nel IV libro, capitolo XXIX, «De quelques significations plus évidentes des paroles ha ha», è inoltre specificato che un altro «’ha» non avrebbe potuto aggiungerlo perché «non aveva evidentemente alcuna nozione della santissima Trinità».

Se questa è la cornice del viaggio, con la sua «trinità» e la sua collocazione patafisica, non si può dall’altro lato trascurare il valore simbolico che assume tutta la vicenda. L’identificazione Fraustroll-Jarry e la fitta trama di relazioni e citazioni fanno immediatamente pensare a un viaggio del poeta attraverso gli inferi del suo tempo. La «navigazione» per terra conduce Jarry a delle «isole» ben delimitate culturalmente. Partendo dal secondo Libro, quasi ogni capitolo reca una «dedica», che funge da indicazione del «luogo»; cosí ogni isola-capitolo non è che una composizione di motivi letterari e linguistici relativi al dedicatario; a volte si tratta persino di puri giochi verbali con materiali linguistici tratti dalle loro opere.

70.  Le «dediche» hanno a volte valore affettivo, ma spesso Jarry non rinuncia alla satira. L’elenco è comunque nutrito. Inizia con il nome di Thadée Natanson, direttore della Revue Blanche, seguito dal fisico inglese William Crookes, dal poeta belga Christian Beck, modello per Bosse-de-Nage, dal fondatore del Mercure de France Alfred Vallette, e poi ancora da Louis Lormel, Aubrey Beardsley, Emil Bernard, Léon Bloy, Franc Nohain, Paul Gauguin, Gustave Kahn, Stéphane Mallarmé, Henri de Régnier, Marcel Schwob ecc. Ne risulta insomma una galleria di ritratti letterari: critici, devoti, satirici, pungenti, a seconda delle circostanze e dei rapporti personali. Da notare che sei di costoro hanno il privilegio di essere citati anche

nel famoso elenco dei «libri pari»; essi sono Léon Bloy, Gustave Kahn, Stéphane Mallarmé, Henri de Régnier, Marcel Schwob e Rachilde Vallette (con lo pseudonimo di Jean de Chilra). è chiara in questo caso una precisa indicazione di gusto, se non di particolare amicizia.

Se nelle sue caratteristiche formali Gestes et opinions du docteur Faustroll appare completamente estraneo alla cultura coeva, per assurdo, dal punto di vista dei contenuti vi è immerso totalmente. Occorre rifarci alla vita di Jarry per capirne totalmente il senso. I suoi rapporti con l’ambiente culturale sono intensissimi: frequenta i « salotti », collabora a tutte le piú importanti riviste, a Parigi è una figura familiare. La fama che si è creata è quasi esclusivamente scandalistica; le sue battute, le sue stravaganze, sono assai piú note delle sue opere. Gli amici sono probabilmente assai meno dei nemici, perché in fondo un uomo graffiante e aggressivo come lui non può trovare sempre accoglienza benevola; è difficile difendersi da lui, o semplicemente superare un certo senso di disagio. L’elenco del primo Almanach du Père Ubu, con le sue «qualifiche», è decisamente tipico di questi rapporti di Jarry con i suoi contemporanei; ma qui, con le «isole», si porta molto piú in là, perché sotto l’apparenza del gioco compie delle analisi precise.

71.  Tuttavia, in questa serie di ritratti letterari, si inserisce un « omaggio » ben piú sostanzioso. Se c’è un autore che Jarry ha dimostrato di amare incondizionatamente per tutta la vita, questi è Rabelais. L’amore per Rabelais è sopravissuto a ogni evoluzione formale e spirituale (ammesso che nell’opera di Jarry se ne possano riscontrare); lo si incontra ovunque, a partire dall’Ontogénie, ma qui le relazioni si fanno sempre piú fitte, a livello linguistico o come fonte base di ispirazione. (Tra l’altro, Jarry lavorerà per molti anni a una «riduzione» teatrale del Pantagruel). Anche Faustroll non disdegna in superficie qualche tratto pantagruelico: «Ora Faustroll sollevava con la forchetta verso i suoi denti cinque interi prosciutti, arrostiti e disossati, di Strasburgo, di Baiona, delle Ardenne, di York e di Westfalia, gocciolanti di Johannisberger, e la figlia del vescovo, in ginocchio sotto il tavolo, riempiva da capo ogni unità della fila ascendente delle coppe ettolitre della catena senza fine che attraversava il tavolo davanti al dottore… ».

Al di là delle implicazioni letterarie, e della chiave di lettura che offrono, la patafisica rimane comunque l’elemento fondamentale. Faustroll si esibisce in una serie di lezioni, approfittando di ogni occasione per enunciare i suoi principi, o meglio per ridurre ogni accadimento alla dimensione patafisica. E non è un caso che la conclusione, unendo i vari piani simbolici, si abbia proprio con quel capitolo «De la surface de Dieu», dove la «razionalità» trionfa nella definizione di Dio come «punto tangente tra zero e l’infinito». E il trionfo della logica del senso «altro», che non è distruzione, ma sublimazione della logica stessa.

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